Ci siamo, si avvicina la data del voto al referendum. Sì, no, indecisi… prese di posizione e repentini cambi di opinione… eccola L’Italia dell’indecisione perenne, quella delle scelte all’ultimo momento, che tanto… basta che alla fine mi informo o magari mi associo alla maggioranza dei miei conoscenti, che… io la pensavo così, ma ascoltando x, che stimo e del quale mi fido, forse forse cambio idea.
E poi c’è il contributo dei social, con opinioni personali avvalorate da una serie di spiegazioni, magari inesatte perché si riferiscono a referendum precedenti ma, chi li legge, neanche se ne accorge e si lascia condizionare, sposa quelle motivazioni e, ignaro dell’errato contesto storico a cui si riferiscono, contribuisce a diffonderle. E l’ignoranza… galoppa.
È dal 1963 che il numero dei deputati è fissato a 630, mentre quello dei senatori è di 315, in seguito ci si rese conto subito che il numero era elevato e, nel corso delle diverse legislature, sono state avanzate proposte di diminuzione, successivamente bocciate dagli elettori.
Spesso le motivazioni che sono alla base di questa battuta di arresto determinata proprio dal popolo sono varie: si teme che diminuire i numeri significa non essere rappresentati abbastanza, si aggiunge che la diminuzione favorirebbe i più “noti” a svantaggio dei politici che, seppur validi, non sono sulla cresta dell’onda.
Mi soffermo su quest’ultimo punto: ogni “grande” è stato a sua volta “piccolo”, ossia tutti quelli che oggi sono noti, prima non lo erano, il loro percorso li ha portati dove si trovano adesso, quindi chiunque ha la possibilità di effettuare un percorso costruttivo.
Se poi l’opinione comune è che molti dei “noti” non vanno più bene, convinzione questa sostenuta da svariati pareri più o meno diffusi, il mio pensiero è che molti di questi “noti”, prima di arrivare alla posizione attuale, avevano sicuramente raccolto consensi e approvazione, quindi non si può escludere che il percorso di coloro i quali non sono sulla cresta dell’onda sarà il medesimo. Alla fine non è una cosa nuova: molti, quando arrivano ad occupare posizioni di rilievo, inspiegabilmente cambiano il loro modo di essere e di pensare e tutto quello che si era seminato/promesso… svanisce. Non per colpa del diretto interessato? Sarà il Sistema che lo esige? Mah… ogni persona è responsabile del suo modo di essere, almeno così dovrebbe funzionare.
Ma torniamo al referendum: si propone una riforma costituzionale riguardo 4 punti ben precisi:
- riduzione del numero di deputati da 630 a 400,
- riduzione del numero di senatori da 315 a 200 e conseguente riduzione anche del numero minimo assegnato a ogni regione,
- numero massimo dei senatori a vita a 5,
- disposizione dell’entrata in vigore delle nuove norme.
Ecco, questi sono i punti e solo su questi si dovrebbe ragionare. Non dovrebbe importare l’opinione delle diverse correnti politiche, o chi vota cosa, né chi sarà a rimanere sul podio. Da molto si critica il numero elevato dei parlamentari, ora c’è la possibilità di ridurlo, ora l’obiettivo può essere raggiunto, poi il tempo offrirà l’opportunità di mettere in atto le dovute selezioni sulle personalità interessate.
All’oggi oggettivamente le cose non vanno molto bene, allora intanto cominciamo a far diminuire i numeri, in fondo, se questo non accade, non è detto che coloro che non sono sulla cresta dell’onda troveranno lo spazio cui ambiscono e, se i numeri diminuiscono, poi una selezione indubbiamente potrà avvenire.
Un approfondimento merita l’abbassamento del numero di senatori assegnato alle regioni. C’è chi obietta che in questo modo si rischia di essere meno rappresentati, vero, ma è anche vero che la rappresentazione di tutti i territori è impossibile: se si volesse ottenere questo, l’obiettivo del referendum dovrebbe essere l’opposto della riduzione. Impossibile.
Dunque bisognerebbe aprire la mente e dare fiducia a chi resta nel ruolo. Meno deputati e tempo, e forse le cose potranno davvero andare meglio.
Mts©